Funerali

La celebrazione delle esequie

Ogni celebrazione liturgica della Chiesa è una partecipazione alla Pasqua del Signore, morto e risorto per entrare nella pienezza della vita divina.
Nella morte la Chiesa vede l’ultima Pasqua del cristiano, la sua entrata, per la misericordia di Dio, nella pienezza della Vita.
È questo il senso della celebrazione delle esequie: il passaggio nella morte per giungere alla risurrezione donata da Dio nell’ultimo giorno all’interno della comunità cristiana che accompagna con la preghiera e l’affetto la persona defunta e i suoi familiari.

Per la celebrazione delle esequie i parenti prendano quindi contatto col Parroco, preferibilmente personalmente, altrimenti grazie alle onoranze funebri.

È pure raccomandato, quando possibile, un contatto già al momento della malattia per accompagnare questo momento con la grazia dei sacramenti che aiutano a vivere la malattia e la conclusione della vita terrena uniti al Cristo che ha vissuto la passione, la morte e la risurrezione.

Le esequie cristiane nel Catechismo della Chiesa cattolica

1680 Tutti i sacramenti, e principalmente quelli dell’iniziazione cristiana, hanno per scopo l’ultima Pasqua del figlio di Dio, quella che, attraverso la morte, lo introduce nella vita del Regno. Allora si compie ciò che confessa nella fede e nella speranza: “Aspetto la Risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà” [Simbolo di Nicea-Costantinopoli].

I. L’ultima Pasqua del cristiano

1681 Il senso cristiano della morte si manifesta alla luce del Mistero pasquale della Morte e della Risurrezione di Cristo, nel quale riposa la nostra unica speranza. Il cristiano che muore in Cristo Gesù “va in esilio dal corpo per abitare presso il Signore” ( 2Cor 5,8 ).
1682 Il giorno della morte inaugura per il cristiano, al termine della sua vita sacramentale, il compimento della sua nuova nascita cominciata con il Battesimo, la “somiglianza” definitiva all’“immagine del Figlio” conferita dall’Unzione dello Spirito Santo e la partecipazione al banchetto del Regno anticipato nell’Eucaristia, anche se, per rivestire l’abito nuziale, ha ancora bisogno di ulteriori purificazioni.
1683 La Chiesa che, come Madre, ha portato sacramentalmente nel suo seno il cristiano durante il suo pellegrinaggio terreno, lo accompagna al termine del suo cammino per rimetterlo “nelle mani del Padre”. Essa offre al Padre, in Cristo, il figlio della sua grazia e, nella speranza, consegna alla terra il seme del corpo che risusciterà nella gloria [Cf 1Cor 15,42-44 ]. Questa offerta è celebrata in pienezza nel Sacrificio eucaristico; le benedizioni che precedono e che seguono sono dei sacramentali.

II. La celebrazione delle esequie

1684 Le esequie cristiane sono una celebrazione liturgica della Chiesa [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 81-82]. Il ministero della Chiesa in questo caso mira ad esprimere la comunione efficace con il defunto come pure a farvi partecipare la comunità riunita per le esequie e ad annunciarle la vita eterna.
1685 I differenti riti delle esequie esprimono il carattere pasquale della morte cristiana, e rispondono alle situazioni e alle tradizioni delle singole regioni, anche quanto al colore liturgico [Cf ibid., 81].
1686 L’ Ordo exsequiarum [Rituale romano, Rito delle esequie] della liturgia romana propone tre tipi di celebrazione delle esequie, corrispondenti ai tre luoghi del suo svolgimento (la casa, la chiesa, il cimitero), e secondo l’importanza che vi attribuiscono la famiglia, le consuetudini locali, la cultura e la pietà popolare. Questo svolgimento è del resto comune a tutte le tradizioni liturgiche e comprende quattro momenti principali:
1687 L’ accoglienza della comunità. Un saluto di fede apre la celebrazione. I parenti del defunto sono accolti con una parola di “conforto” (nel senso del Nuovo Testamento: la forza dello Spirito Santo nella speranza) [Cf 1Ts 4,18 ]. La comunità che si raduna in preghiera attende anche “le parole di vita eterna”. La morte di un membro della comunità (o il giorno anniversario, il settimo o il trigesimo) è un evento che deve far superare le prospettive di “questo mondo” e attirare i fedeli nelle autentiche prospettive della fede nel Cristo risorto.
1688 La Liturgia della Parola, durante le esequie, esige una preparazione tanto più attenta in quanto l’assemblea presente in quel momento può comprendere fedeli poco assidui alla Liturgia e amici del defunto che non sono cristiani. L’omelia, in particolare, deve evitare “la forma e lo stile di un elogio funebre” [Rituale romano, Rito delle esequie, 41] e illuminare il mistero della morte cristiana alla luce di Cristo risorto.
1689 Il Sacrificio eucaristico. Quando la celebrazione ha luogo in chiesa, l’Eucaristia è il cuore della realtà pasquale della morte cristiana [Cf ibid., 1]. È allora che la Chiesa esprime la sua comunione efficace con il defunto: offrendo al Padre, nello Spirito Santo, il sacrificio della Morte e della Risurrezione di Cristo, gli chiede che il suo figlio sia purificato dai suoi peccati e dalle loro conseguenze e che sia ammesso alla pienezza pasquale della mensa del Regno [Cf ibid., 57]. È attraverso l’Eucaristia così celebrata che la co munità dei fedeli, specialmente la famiglia del defunto, impara a vivere in comunione con colui che “si è addormentato nel Signore”, comunicando al Corpo di Cristo di cui egli è membro vivente, e pregando poi per lui e con lui.
1690 L’addio (“a-Dio”) al defunto è la sua “raccomandazione a Dio” da parte della Chiesa. È “l’ultimo saluto rivolto dalla comunità cristiana a un suo membro, prima che il corpo sia portato alla sepoltura” [Cf ibid., 57]. La tradizione bizantina lo esprime con il bacio di addio al defunto:
Con questo saluto finale “si canta per la sua dipartita da questa vita e la sua separazione, ma anche perché esiste una comunione e una riunione. Infatti, morti, non siamo affatto separati gli uni dagli altri, poiché noi tutti percorriamo la medesima strada e ci ritroveremo nel medesimo luogo. Non saremo mai separati, perché viviamo per Cristo, e ora siamo uniti a Cristo, andando incontro a lui…